martedì 19 maggio 2015

Pietro Monaco è Robin Hood. Il racconto di Dumas su Pietro Monaco e Ciccilla

Robin Hood è solo ispirato a una storia vera. Alexandre Dumas, che lo rese celebre, ha poi influenzato i giudizi su banditi e briganti di ogni latitudine.
Il termine "brigante" è un regalo lasciatoci dai francesi, prima dell'invasione napoleonica noi li chiamavamo fuoriusciti che è proprio un sinonimo di banditi.
Alexandre Dumas, Come tanti viaggiatori francesi e inglesi conosce la Calabria e in particolare Cosenza e i suoi Casali. 
Affascinato dalla nostra terra, nel 1835 fa un viaggio da queste parti. Capita qui mentre è in corso un terribile sciame sismico e descrive le proprie e le nostre paure. Fa una breve visita al Casale distrutto di Castiglione. Lo accompagna nella sua insolita visita alla città il sindaco Mollo, appartenente a una antica famiglia casalina di Serra Pedace. 
Dumas scrive la Storia del brigantaggio nelle province meridionali citando Giacomo Pisano, alias Francatrippa, dice che è di Parenti. In realtà Francatrippa è di Pedace (o di Serra Pedace ancora non è acclarato); Parenti è solo uno dei luoghi dove commise le sue imprese sanguinose.
Dumas si inventa anche dei graziosi romanzi che hanno per protagonisti dei briganti calabresi: Mastro Adamo il calabrese  e Cherubino e Celestino.
L'irruenza e il patriottismo esterofilo di Dumas lo fanno partecipare all'impresa dei mille e con il suo giornale L'Indipendente (titolo suggerito da Garibaldi) tesse le lodi dell'Unità d' Italia.
Tra queste lodi è da inserire il racconto sui briganti Pietro Monaco e la moglie Maria Oliverio scritto sempre su L'Indipendente in prima pagina dal 4 marzo 1864. Il racconto è diviso in sette capitoli. Da cronista e non storico di quegli eventi gli perdoniamo una serie di inesattezze su particolari impossibili da approfondire a quei tempi, ma apprezziamo, oltre che l'interesse di un così importante letterato per la nostra Storia, anche una osservazione esatta proprio sui briganti dei Casali cosentini. E' lui ad affermare che il brigantaggio qui è endemico. Una parola pesante come un macigno, ma che condivido totalmente. Fondamentale per comprendere il fenomeno.
Verso la fine del racconto su Pietro Monaco, Dumas è disgustato dagli intrighi dietro questa vicenda di cui ne aveva esaltato i contorni con decine di articoli apparsi già dal settembre del 1863.
Robin Hood è l'opposto di Pietro Monaco, tutto quello che Dumas avrebbe voluto trovare in un brigante e non ha mai trovato.
Non a caso è proprio il successivo romanzo che scriverà.





di Alessandro Dumas

Pietro Monaco
sua moglie Maria Oliverio

ED I LORO COMPLICI
Capitolo  I[1]


Riceviamo da un nostro amico la fotografia della moglie del brigante Monaco: è per noi questa un’occasione di narrare la storia di questo brigante e della sua banda distrutta per la perseveranza, il coraggio ed il patriottismo del bravo generale Orsini. Pietro Monaco nacque verso il 1828 da poveri bracciali: era quindi un uomo di 35 o 36 anni quando fu ucciso dal suo luogotenente: era di Macchia, vicino Cosenza. La sua giovinezza non offre nulla che merita ricordo: era anzi tenuto in buon concetto: i suoi genitori troppo poveri per occuparsi dalla sua educazione non gli fecero imparare né a leggere né a scrivere. Partì come soldato in età di 21 anni; servì 7 anni; disertò all’avvicinarsi di Garibaldi; tornò a casa; vi si ammogliò; partì co’ volontari garibaldini; combatté a Capua con tanto coraggio che fu nominato sottotenente.
         Allo sciogliersi de’ volontari, tornò al paese. Al principio del 1861 venne a contese con un proprietario di Serrapedace, che credeva suo nemico: le discordie in Calabria son mortali; Monaco s’appiattò sul passaggio del nemico e lo uccise con una fucilata. Fuggì quindi nella montagna, ove restò, vivendo da ladrone.
         Monaco, l’abbiamo detto, si era ammogliato: aveva sposato una giovanetta a nome Maria Oliverio: per disgrazia la sorella maggiore di lei era stata, prima di queste Nozze, amante di Monaco aveva continuato le sue relazioni con la sua antica ganza, e benché latitante, tornava di notte, tre o quattro volte la settimana, al paese, per vedere la sua cognata e non sua moglie: costei sapeva tutto, era orribilmente gelosa; ma, malgrado la sua vigilanza, non poté mai sorprenderli.
Stanca di quella rivale, l’amante di Monaco volle disfarsi della sorella. Aspettò la prima assenza del marito; nascose una corda sotto il capezzale del letto ed invitò la sorella ad andarle a tener compagnia: quella accettò volentieri l’invito; si recò in casa della sorella col sorriso sulle labbra; ma promise a se stessa di approfittare di quell’occasione offertale per vendicarsi. Le due sorelle cenarono insieme; ciascuna faceva all’altra buona cera. La sorella maggiore coricossi la prima, dopo una lunga conversazione, invitando la moglie di Monaco a seguirla nel letto. Questa, sotto pretesto che non aveva sonno, si pose a cucire, sperando sempre che l’altra si addormentasse, e che durante il sonno potrebbe sbarazzarsene; ma quella invece si ostinava a vegliare. La terribile commedia doveva aver termine: la donna rimasta vestita cercava da qualche momento un’arme ed aveva adocchiato un scure in un angolo del focolaio: ella vi balzo e si scagliò contro la sorella: la lotta fu terribile: soltanto al trentacinquesimo colpo, quella che era nel letto spirò; benché morta continuò a percuoterla e non si fermò che al cinquantaduesimo colpo: la mutilazione
Ogni colpo era stato accompagnato da un’ingiuria o da una bestemmia. Maria Oliverio raccontò di propria bocca il fatto, ed il suo racconto prolungato con compiacenza, fece conoscere i più minuti particolari di quell’assassinio.
         Compita la vendetta, Maria Oliverio fuggì presso sua madre, Maria Scarcella, che dimorava con una sua sorella, zia di Maria, a nome Maddalena Scarcella, detta Terremoto, e che era già stata brigantessa con suo marito, da cui aveva ereditato il nome terribile, e che era stato fucilato come brigante sette o otto anni prima[2]. Considerata come complice del marito, ella non riuscì di carcere che al passaggio di Garibaldi in Calabria; le tre donne tennero consiglio e decisero tosto di partire per la Sila, il che fu eseguito, Trattavasi di rappaciare i due sposi, malgrado l’accaduto; e benché Maria Oliverio, lorda di sangue della sorella, dichiarasse che ciò ch’avea fatto alla sorella lo farebbe ad ogni donna amata dal marito, Monaco la ricevé benissimo.



[1] Biblioteca Nazionale di Napoli, Sezione Lucchesi Palli, L’indipendente Anno IV, N. 51, Venerdì 4 marzo 1864, pag 1 e 2
[2] Questa informazione non è completamente esatta, perché non esiste nello stato civile di Càsole Bruzio, custodito presso l’archivio di Stato di Cosenza, una donna di nome Maddalena Scarcella. Le ricerche condotte hanno scoperto, invece, che una zia e ad una cugina hanno correlazioni con le notizie fornite da Dumas: la prima correlazione con il nome, “Maddalena” e la seconda con il soprannome del marito “Terremoto”. Alessandro Dumas volendo dimostrare quanto il brigantaggio in Calabria fosse fenomeno endemico non poteva trovare famiglia più “azzeccata”. Troviamo l’origine del riferimento di Dumas negli atti di un processo custodito a Roma presso l’Archivio Centrale dello Stato (Fondo Tribunali Militari Straordinari Busta 135 f. 1516.25) contro due donne di Càsole: Maria Precenzano e Maddalena Oliverio. Giudicate per aver dato ospitalità e cure al brigante Luigi Serra, fratello di Francesco Serra, alias Ciccione. La prima era cugina di Maria Oliverio. Maddalena, invece, era la zia. Tra gli altri documenti ecco quello più esplicativo ai nostri fini, ovvero due distinte certificazioni da parte della Giunta comunale di Càsole Bruzio sulle “referenze” e sulle parentele delle due donne:
1.     La Giunta municipale di Càsole certifica che la nominata Maria Giuseppa Provenzano figlia del fu Gaetano di Càsole di anni 34 gode cattiva opinione Politica e morale. La  stessa è vedova del famigerato brigante Salvatore Serra (alias Terremoto – vedi stesso processo foglio 2), il quale morì scorrendo la campagna unitamente alla comitiva Cava (famigerato capo brigante di Pedace, paese limitrofo a Càsole, operante nella stessa zona negli anni precedenti l’unità d’Italia). E’ cognata ancora di Pasquale Serra che per omicidio trovasi condannato ad anni 25 di ferri. E’ parimenti cognata dell’attuale brigante Francesco Serra. Finalmente è cugina al brigante Raffaele ed alla brigantessa Maria Oliverio perché figlia di … Sorella al padre dei predetti Oliverio. Per tale ragione di parentela è stata sempre legata in relazione colla comitiva  ….”
2.     La Giunta municipale di Càsole certifica  che la nominata Maddalena Oliverio (di anni 60) del fu Raffaele del medesimo comune di Càsole non Ha goduto di buona condotta perché ha sempre alloggiato in sua casa gente di cattiva condotta  ed infatti nel 1860 teneva in sua casa nascosto il brigante Pasquale Celestino di SerraPedace, il quale era legato in … con Maria Giuseppa Provenzano del fu Gaetano di Càsole nella quale casa fu poi il suddetto brigante arrestato, giusta i verbali che si trovano in mano alla giustizia. La Maddalena Oliverio è zia del brigante Raffaele Oliverio e della Brigantessa Maria Oliverio … “

Per essere questa la verità ne abbiamo rilasciato il presente a richiesta dell’ufficiale militare del tribunale di guerra della provincia di Calabria Citra
Firmato, Pasquale Ponte (sindaco) Raffaele Vencia (assessore) Giuseppe Magliari (assessore)
(Il segretario Grisolia)”

Il Sindaco ebbe gravissime conseguenze dal coraggio dimostrato di avere nel mettersi contro i briganti: le sue proprietà in Sila saranno il bersaglio prima di Pietro Monaco e Maria Oliverio il 16 settembre 1862 (AS CS Fondo Corte d’Assise, Processi Penali B. 63) e poi il 28 agosto del 1864 di Raffaele Oliverio alias Niurone o Sciolella (Archivio dell’Ufficio dello Stato Maggiore  dell’Esercito, G 11, Fondo Brigantaggio, Busta 63, f. 3) fratello maggiore di Maria.
Giuseppe Magliari fu ucciso dalla banda nel luglio del 1863.
Infine, nel processo per l’omicidio di Antonio Leonetti di Casole il 30 luglio 1863 (AS CS Fondo Corte d’Assise, Processi Penali B. 891)  si scopre che questi fu ucciso da alcuni briganti della banda Monaco proprio perché ritenuto colpevole dell’uccisione presso Macchia Sacra nel 1858 di Salvatore Serra alias Terremoto. Tra questi briganti assassini: Francesco Serra alias Ciccione (fratello di Salvatore) e Raffaele Oliverio. Questo omicidio pone, forse, la parola fine a ogni idea o ipotesi di rivolta sociale della banda Monaco.


Gli altri capitoli del racconto nel mio libro


 Ciccilla
Storia della brigantessa Maria Oliverio 
del brigate Pietro Monaco e della sua comitiva

Nessun commento:

Posta un commento